L’espressione mos maiorum significa letteralmente “costume (o usanza) degli antenati”. Si basava sull’idea, tipica di una società rurale e tradizionalista, che gli antenati rappresentassero un modello di comportamento.

Alcuni dei valori a cui ci si riferiva erano:
Pietas, “devozione” o “rispetto”.
Fides, “fedeltà”.
Gravitas, “serietà”.
Costantia, “costanza”.
Magnamitas, “gentilezza d’animo”.
Industria, “operosità”.
Un esempio palese di questo prototipo è il protagonista dell’Eneide, Enea, in cui confluiscono le “virtù” della romanità, il mos maiorum: coraggio, lealtà, giustizia, clemenza, devozione verso gli dèi, capacità di sopportare le avversità, alto senso civico che lo porta ad anteporre al proprio destino individuale la considerazione del bene della comunità (vedi quello che combina alla povera Didone).
L’apertura al mondo ellenistico, sostenuta dal potente circolo degli Scipioni che introdusse a Roma la filosofia ellenistica (scetticismo, epicureismo, stoicismo) mise in crisi gli antichi e sobri costumi tradizionali romani.
Il più grande sostenitore della battaglia tradizionalista fu Catone il Censore (234-149 a.C.). I tradizionalisti fecero emanare, con scarsi effetti pratici, dei provvedimenti contro il lusso; sono le cosiddette leggi suntuarie (da sumptus, “spesa”): nel 215 (legge Oppia), nel 182, nel 161 a.C. e altre ancora. Questi provvedimenti vietavano alle donne di indossare vestiti e gioielli troppo costosi e ponevano un limite alle spese per feste e banchetti. Catone e i tradizionalisti, tuttavia, non combattevano la ricchezza in quanto tale, ma la trasformazione culturale e politica di cui essa era sintomo.
Gli ultimi decenni del periodo repubblicano videro la crisi più acuta del sistema dei valori del mos maiorum. Nel De Catilinae coniuratione (“La congiura di Catilina”, il colpo di stato tentato nel 63 a.C.), lo storico Sallustio (86-35 a.C.) racconta che ambizione, avidità, brama di potere e di ricchezza, corruzione causavano una generale decadenza dei costumi e minavano dalle fondamenta la vita stessa della res publica.
A me personalmente sembra che in queste “regole” appartenenti alla cultura romana, si celino un po’ alcune delle fondamenta del patriarcato e del capitalismo contemporaneo. Tutto estremamente distante da ciò che apprezzo come persona. Forse è proprio per queste ragioni che ho sempre preferito la cultura ellenistica.
E tu? Cosa ne pensi?