
Questo testo fa parte di “Xenia II” ed è datato 20 novembre 1967. L’apertura è data dalla perdita della moglie che era morta da poco. Insieme avevano percorso il proprio stralcio di strada, le famose scale, e ora Montale in ogni gradino sente il vuoto.
L’altra immagine importante è quella che rimanda alla realtà visibile, la moglie possiede la vera arte del “vedere” che consiste nel non credere alla superficie visibile delle cose, ma nel guardare in profondità sotto di essa.
La metrica ci presenta due strofe di versi liberi, di andamento di endecasillabo ma spesso più lunghi e che richiamano l’esametro latino. Le rime sono scarse.
Lo stile è quello che sicuramente ci richiama e attrae, perché il fatto che Montale abbia usato un linguaggio semplice e diretto. è ciò che forse rende questa poesia accessibile e quindi apprezzata da tanti. Difatti la sintassi è regolare e se non fosse andato a capo, i primi tre versi sono prettamente prosastici. Mancano tutti gli artifici della poesia se non l’unica assonanza tra “braccio” e “viaggio”.
Il tema più importante è un tema piuttosto frequente nella letteratura in generale e anche in Montale, infatti potremmo dire che ha origini stilnovistiche. In Montale in Occasioni ad esempio ci si orienta sullo sguardo di Clizia, quasi visionario e dotato di chiaroveggenza intellettuale. Mentre Mosca è miope, con lo sguardo offuscato però è l’unica che riesce a vedere a differenza del poeta. Clizia riesce a guardare con la mente, invece in Mosca è una vista fatta di istinti e di capacità innata quasi di orientamento. Mosca sapeva che la realtà non coincide con quella visibile quale viene percepita da chi vive in preda alle scadenze temporali e agli impegni pratici.