“Piantare in asso” è presente nella nostra lingua già dal XIII sec. per mano di un anonimo bolognese.
Da considerare inoltre l’etimologia stessa della parola ASSO impiegata all’interno del nostro modo di dire, che viene ricondotta o al latino asse(m), voce dotta che significava appunto intero, unità, da cui asse “moneta romana”.
Altra ipotesi è dalla voce latina āssus nel significato di “arrostito”, poi mutato in “senza acqua o liquido”, “senza mistura” e, dunque, solo.
La forma lasciare/piantare in Nasso (talvolta con la minuscola) si trova nei manoscritti dal XIV sec. e deriverebbe, invece, dal mito greco di Arianna, figlia del re di Creta Minosse, la quale si innamorò di Teseo, lo aiutò a uccidere il Minotauro e a fuggire dal labirinto grazie al famoso filo di Arianna, e infine scappò con lui. Ciononostante, una volta giunti a Nasso, l’isola più grande delle Cicladi, Teseo la abbandonò, lasciandola lì triste e sola. Da qui “Piantare in Nasso” cioè lasciare sola, abbandonare.
In conclusione, lasciare in Nasso e lasciare in asso convivono da secoli nell’italiano e nessuna delle due forme può essere considerata errata.
Ancora non siamo in grado di stabilire con certezza quale sia la vera origine del modo di dire, sebbene gli strumenti moderni sembrino prediligere la variante in asso, oggi più comune, mettendo spesso fortemente in dubbio la derivazione mitologica che avrebbe dato vita a lasciare in Nasso.