Kalòs kai agatòs
Bello e buono
Nell’antica Grecia bellezza e bontà andavano di pari passo. Gli eroi valorosi e gli dei potenti sono sempre descritti di una bellezza sfolgorante e proprio la loro luminosità è una delle loro caratteristiche più importanti. Nel greco di Omero gli occhi sono lucenti, la pelle brillante e così via, aspetti che vengono tradotti in genere come «occhi azzurri», «pelle lattea», «capelli biondi».
Anche in epoche successivo il binomio buono e bello gode di grandissimo successo: basti pensare all’arte greca, dove il canone prevede lineamenti belli e regolari anche nella ritrattistica di persone reali, che appaiono così tutte uniformemente belle, simili tra loro e prive di difetti, che possano essere rughe, stempiature o nei. Molto diversa è invece la ritrattistica romana, che fa del realismo la sua caratteristica principale. Nei poemi omerici (ma non solo) la bruttezza e la deformità sono associate a individui ignobili, inaffidabili, invidiosi e da cui bisogna tenersi alla larga. In epoca più tarda il discorso si modifica un po’, perché la bruttezza diventa un’allegoria e si applica ai mostri che gli eroi combattono.
Potremmo dire che soffrivano di quello che oggi definiremmo effetto alone.